highlike

ENESS

Orchestra del dirigibile
L’Airship Orchestra è una tribù mistica di personaggi ultraterreni che scaturiscono dalle stelle notturne, la loro pelle tinta di galassie e voci come polvere di stelle. I visitatori all’interno della formazione sono invitati a immergersi nel suono volumetrico e nella pulsazione ritmica della luce.

studio smack

PARADISE – A contemporary interpretation of The Garden of Earthly Delights

Lo Studio Smack, meglio conosciuto per il video musicale Witch Doctor di De Staat, ha rilasciato una nuova animazione: un’interpretazione contemporanea di uno dei dipinti più famosi del primo maestro olandese Hieronymus Bosch, The Garden of Earthly Delights. Nel loro ultimo lavoro, il gruppo ha ripulito il paesaggio originale del pannello centrale del dipinto di Bosch e lo ha ricostruito in un’allucinante animazione 4K. Le creature che popolano questo parco giochi al coperto incarnano gli eccessi e i desideri della civiltà occidentale del XXI secolo. Consumismo, egoismo, evasione, richiamo dell’erotismo, vanità e decadenza. Tutti i personaggi sono metafore per la nostra società in cui i solitari sciamano nel loro mondo dei sogni digitale. Sono riflessi simbolici dell’ego e dell’immaginazione delle persone come si vedono, a differenza della versione di Bosch, in cui tutti gli individui sembrano più o meno uguali. Da un Hello Kitty arrapato a un serpente del pene che caccia alla coca Da uno spybot incarnato a polli fritti senza testa. Questi personaggi, una volta figure di sogno dipinte con precisione, sono ora modelli 3D creati digitalmente. A tutti loro è stato dato il proprio ciclo di animazione per vagare nel paesaggio. Inserendoli tutti insieme in questo affresco sintetico, il quadro non è mai lo stesso. Ciò che l’animazione e il trittico di Bosch hanno in comune è che difficilmente riuscirai a sopportare tutto, puoi guardarlo per ore. “Paradise” è stato commissionato dal Museo MOTI nei Paesi Bassi per la mostra New Delights, che fa parte del 500 ° anniversario di Hieronymus Bosch. Una gigantesca installazione video di quest’opera è esposta nel Museo fino al 31 dicembre 2016.

AES+F

The Feast of Trimalchio: Arrival of Golden Boat

Del Satyricon di Petronio, spiritoso e lirico malinconico dell’epoca dell’imperatore Nerone, ci pervenne quasi intatto solo il capitolo dedicato alla cena di Trimalcione. La fantasia di Petronio fece del nome di Trimalcione il simbolo della ricezza e del lusso, del vizio della gola e della lussuria in barba alla fugacità della vita umana.
Abbiamo cercato di presentare qualcosa di simile nelle realta` del Terzo Millennio. Così, abbiamo visto Trimalchione, ex servo, liberto, nuovo ricco che dà conviti di molti giorni nel suo palazzo, invece che una persona, come un’immagine generalizzata di un hotel di lusso, una sorta di paradiso terrestre, il soggiorno in cui è prepagato.
Gli ospiti dell’hotel – i ‘padroni’, esponenti del “miliardo dorato”, cercano di dedicare parte del loro tempo, in qualsiasi stagione, al soggiorno presso Trimalcione odierno che ha arredato il proprio palazzo – hotel con il massimo esoticismo e lusso. L’architettura del Palazzo Hotel rappresenta un’assurda sintesi della spiaggia tropicale con la stazione sciistica. I ‘padroni’ indossano abiti bianchi che sembrano, da una parte, l’uniforme dei giusti dell’Eden temporaneo, dall’altra, la tradizionale uniforme coloniale, e, al contempo, una collezione estiva alla moda. I ‘padroni’ impersonano tutte le caratteristiche dell’umanità: ci sono, tra di loro, personaggi dai bambini ai vecchioni, hanno certi segni psicologici e sociali: un pofessore è dissimile da un broker, una donna di mondo da una intellettuale. I ‘servi’ di Trimalcione, giovani e carini esponenti di vari continenti (asiatici, africani, latinoamericani), il personale dell’industria alberghiera, dalle cameriere ai cuochi, ai giardinieri, alle guardie e ai massaggiatori. Sono tutti giovani e belli e indossano uniformi tradizionali di vario colore a seconda dell’etnia. Sono una specie di ‘angeli’ “di colore” del paradiso al quale i ‘padroni’ possono accedere per un certo tempo.

 

ALDO ROSSI

ألدو روسي
알도 로시]
אלדו רוסי
アルド·ロッシ
Альдо Росси
Teatro del Mondo

Il teatro del mondo è stato progettato dall’architetto italiano Aldo Rossi, inaugurato l’11 novembre 1979, nell’ambito della Biennale di Architettura e Teatro di Venezia. Tutto questo sarebbe volgare, se questo fosse davvero un teatro comune, dove vedrai un bello spettacolo delle arti di Thalma. Ma non lo è, e così ho deciso di portarlo a estir@dor. Il “teatro del mondo” si ispirava a una tradizione settecentesca, e intanto scomparve, dal teatro galleggiante che all’epoca ancorò nella città di Venezia di carnevale. L’edificio è stato realizzato in una struttura metallica e rivestito in legno, sia all’interno che all’esterno e sostenuto da una piattaforma galleggiante: una zattera. Formato da un ciottolo centrale con base quadrata di 9,5 m di larghezza e 11 m di altezza e tetto ottagonale in zinco, contiene un palco situato in una zona centrale. Il teatro ha accolto 400 spettatori, di cui 250 seduti, la sua semplicità formale ei colori utilizzati nelle finiture hanno dato un’immagine onirica a questa apparecchiatura che aveva come sfondo Venezia ei suoi canali. Gli utenti che entravano in quel teatro per assistere alla performance artistica degli attori, sono diventati subito se stessi, personaggi di un evento che interagiva con Venezia, osservatori e osservati, da Punta della Dogana, vedendo la Plaza de S. Marcos delle vostre finestre. Una vera Arca di Noè dell’intera Biennale.

ANITA MOLINERO

Sans titre

Anita Molinero, tuttavia, impiega spazzatura non mascherata come materia primaria delle sue sculture esponendole pericolosamente al rischio che non vengano riconosciute come opere d’arte perché il loro status di spazzatura rifiutata è difficile da scrollarsi di dosso. La natura ripugnante della spazzatura avrebbe potuto essere così facilmente sfruttata per attingere ad aspetti simbolici ed emotivi; trasformare il normale grasso e la sporcizia ripugnanti in grasso e sporcizia grondante di significato e metafora. Invece no, Anita Molinero ci confronta senza compromessi con oggetti di plastica e polistirolo espanso, contenitori di scarto e sacchi della spazzatura. Sono sculture letteralmente abbandonate, colte in uno stato di debolezza come i personaggi di un’opera teatrale di Beckett, che divorano costantemente la loro desolazione e solitudine, ma profondamente umane nella loro esitazione, espressione inadeguata e consapevolezza del loro abbandono.