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DORIS SALCEDO

دوريس سالسيدو
多丽丝·萨尔塞
도리스 살 세도
דוריס סלסדו
ドリスサルセド

Abyss

source: alexanderandbonin

Doris Salcedo was born in 1958 in Bogotá where she continues to live and work. Recognized since the early 1990s as one of the leading sculptors of her generation, her work has been included in numerous exhibitions such as “Carnegie International 1995,” Carnegie Museum, Pittsburgh; “Roteiros, XXIV Bienal de São Paulo,” Brazil (1998); “Trace, The Liverpool Biennial of Contemporary Art” (1999); “Documenta 11,” Kassel (2002); “8th International Istanbul Biennial” (2003); “The 80s: A Topology,” Museu Serralves, Porto (2007) and her installation of ‘Shibboleth’ in Turbine Hall, Tate Modern, London, also in 2007. From April 2010 through February 2013, the artist’s most recent installation, ‘Plegaria Muda,’ has and will travel to museums throughout Europe and South America. Her work will be included in the exhibition “This Will Have Been: Art, Love, & Politics in the 1980s” at the Museum of Contemporary Art, Chicago, which will subsequently travel to the Walker Art Center, Minneapolis and the Institute of Contemporary Art, Boston.
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source: paris-la

The power descending on the viewer.

Abyss depicts her installation created for the T1 Triennial of Contemporary Art in Turin. The pre existing dome shaped brick ceiling of Castello di Rivoli, was meticulously extended to cover the white walls of the room. Using bricks fabricated to mimic those used in the existing 18th Century ceiling, Salcedo created the impression that this brick ‘skin’ was suspended from the ceiling, evoking a sense of power descending on the viewer. By shrouding the walls of the room in this way, Salcedo makes reference to systems of power, and in particular those that are excluded from such.

Abyss, 2005.

Abyss which was temporarily installed at the Castello di Rivoli in Turin, is likewise a haunting and disconcertingly visceral experience. Entering a low doorway that has been partially bricked in at its top and sides, the viewer feels immediately constricted, his or her body instinctively bending down and closing in on itself, as if preparing for a blow. Once inside, the visitor is faced with a square room whose four large walls are encased in a curtain of brick and cement hanging from the eighteenth-century brick-vaulted dome. Since the curtain walls don’t touch the ground, the space feels as if it were on the verge of collapse, infusing the experience with a crushing oppressiveness. While moving away from the specific histories of Colombia, Salcedo’s work has remained close to the universal nub inherent in those events – issues around power and powerlessness, freedom and incarceration, communicated in material terms.
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source: exibart

Elogio del silenzio. Da gustare e goderne con religiosa gratitudine, dopo l’abbuffata pantagruelica nella vicina e rumorosa Manica Lunga. Così, nel bailamme di questa prima Triennale torinese, capitare al cospetto della colombiana Doris Salcedo (Bogotà, 1958) –già presente alla Biennale di Istanbul nel 2003 e ora qui in una mostra personale che occupa due sale del Castello– è come respirare una boccata d’aria. Ma un’aria greve, che si ritorce subito contro, azzerando ogni precedente immagine di saturazione per mostrarne, invece, violentemente, l’assenza. Che meraviglia e inebetisce finché non si avverte una sottile oppressione crescere e insinuarsi tra le pieghe dell’intelletto. Inducendo ad un rovinoso precipitare dello sguardo verso la ricerca di una salvifica via di fuga.

Si tratta di Abyss (2005), l’installazione muraria che occupa un’intera sala del secondo piano, configurandosi come il naturale prolungamento della gigantesca volta in mattoni sovrastante, solitamente, delle altrettante enormi pareti bianche. Ricoperte, per l’occasione, da una cascata di laterizi fino a toccare quasi il suolo, ma lasciando intravedere lo spiraglio luminoso delle finestre, seppur ferite. Un intervento che, a prima vista, potrebbe essere tranquillamente scambiato per un tipo di restauro integrativo, anche alla luce dei recenti lavori di recupero degli apparati decorativi interni di questo secondo piano, appena conclusi dal laboratorio Rava. Rendendo perfettamente l’idea di un luogo dall’apparenza innocua, che si precisa sempre più nel suo esatto contrario di pericolo imminente, pronto a calare come una scure sulle teste di ignare vittime-visitatori.

Ma è solo una sensazione, che trova il suo pieno compimento nei mobili cementati disseminati nella sala accanto. Forse il lavoro più intenso di Salcedo, e più vicino al suo ruolo di testimone delle violenze perpetrate ogni giorno nel suo Paese. Dove ha deciso di rimanere, per vivere e lavorare, in assoluta coerenza con la propria opera artistica. E conferendole, pertanto, una forte impronta etica e politica, di riscatto e risarcimento morale per tutte quelle persone rapite, torturate e uccise da squadre della morte, mercanti di droga o terroristi. “Quando una persona amata scompare –spiega l’artista- ogni cosa è impregnata dalla sua presenza. Ogni singolo oggetto ma anche ogni spazio è un ricordo della sua assenza, come se questa fosse più forte della presenza…Il segno del dolore è così profondamente iscritto nelle esperienze delle famiglie delle vittime che quello che io faccio è la trasposizione, quasi letterale, di questi sentimenti a uno spazio reale…L’esperienza deve essere portata in uno spazio collettivo per rendere pubblica una violenza privata.”

Così il suo assemblare sedie, armadi, cassettiere, prelevate spesso dalle case degli stessi scomparsi; il suo imprigionarle sotto una spessa coltre di cemento, diventa un atto di misericordia e insieme di denuncia. Per ricordarci che in fondo, vittime, lo siamo un po’ tutti.
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source: whattoseeinlisbon

Doris Salcedo est née à Bogota, Colombie, en 1958. Elle a étudié les Beaux Arts à l’Université Jorge Tadeo Lozano de cette ville et postérieurement elle a réalisé un cycle universitaire à New York. Son travail a été exposé au MOMA de New York et dans d’autres musées importants du monde. . Entre 1987 et 1988, elle a été directrice de l’Ecole d’Arts Plastiques de l’institut des Beaux Arts de la ville de Cali et a reçu une bourse importante de la Fondation Guggenheim.
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source: hewikipedia

דוריס סלסדו (Doris Salcedo; נולדה ב-1958) היא פסלת קולומביאנית המפסלת בסגנון מודרני.

סלסדו סיימה לימודי תואר באמנות באוניברסיטת חורחה טאדאו לוסאנו בשנת 1980. לאחר סיום לימודיה עברה לעיר ניו יורק שבארצות הברית וקיבלה תואר מוסמך באמנות מאוניברסיטת ניו יורק.
עם סיום לימודי בניו יורק שבה לבוגוטה והחלה ללמד באוניברסיטה הלאומית של קולומביה.

בשנת 2007 הוזמנה להציג את היצירה השמינית ב”סדרת יוניליוור” עבור אולם הטורבינה של מוזיאון טייט מודרן בלונדון. היצירה שהוצגה הייתה היצירה “שיבולת” – סדק שאורכו 167 מטרים על רצפת האולם.