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LARS SPUYBROEK

Ларс Spuybroek
LARS SPUYBROEK

source: architetturait

La D-Tower, scultura luminescente alta 12 metri, è la prima di una serie di 5 torri-simbolo che saranno poste in corrispondenza degli accessi della città di Doetinchem.
NOX, in collaborazione con l’artista olandese Q.S. Serafijn, il gruppo V2_Lab e lo studio Vision Machine (che si è occupato del processo di prototipazione-produzione dell’opera), non ha solo ideato l’elemento architettonico, ma lo ha anche inserito in un circuito mediatico che lo rende catalizzatore della città o meglio ripetitore ed amplificatore degli umori della città.
Il progetto non si esaurisce unicamente nella produzione di forma (Architettura? Oggetto? Scultura?), ma anche e soprattutto nella sua trasmissione attraverso un sito web e nella sua interazione con un questionario accessibile a diversi gruppi di persone.
La luminescenza è ottenuta grazie a 12 grandi lampade, localizzate laddove i fusi si aprono nella ampia calotta; i 20 LED, di cui ciascun corpo illuminante è composto, ne permettono la mutazione di colore.
Nella D-Tower si materializza quello che nel gennaio del 2000 Paul Virilio aveva preconizzato per il nostro futuro. Questo piccolo biomorfo oggetto (di arredo urbano?) rappresenta la sintesi di quella che egli stesso allora definì la stereorealtà.
Una realtà in cui “i bassi, l’ottica geometrica della piccola scala, quella dell’immediatezza” (gli spostamenti), “si combinano con gli acuti dell’ottica ondulatoria di grande scala, quella delle telecomunicazioni.”
L’oggetto-statico, la torre appunto, sottolinea una realtà urbana percorsa e conosciuta, acquisendo il valore di sistema di orientamento e rappresentando l’elemento fisico di riferimento. L’oggetto-dinamico, o meglio reso dinamico dal variare della luminescenza, trasmette immagini di una virtualità latente, riproducendo simultaneamente gli stati d’animo di persone dislocate in punti differenti del territorio.

Il processo di astrazione della realtà (tradotta in pochi colori primari), coincide con quello di estrazione dei dati della statistica; in questo caso sarebbe più opportuno parlare di statartistica, poiché i contorni del calcolo scientifico appaiono sfumati, ammorbiditi e filtrati dall’approccio artistico. In ogni caso la D-Tower rappresenta un esperimento significativo in quel processo di traduzione che da Geddes in poi ha cercato di combinare l’astrazione di dati statistici con la loro rappresentazione fisica e che sempre più sembra essere fonte di ispirazione e trovare risposte ed applicazioni in alcune ricerche architettoniche contemporanee (dalla METACITY-DATATOWN di MVRDV alle architetture diagrammatiche di Sejima).

Proprio nel reperimento delle informazioni e nella loro traduzione in fenomeni tangibili (o meglio visibili) la D-Tower sembra essere il primo passo in un campo ancora inedito per NOX. Sia nel Fresh Water Pavillon che nella recente Son-O-House, azione e reazione conoscono la stessa unità di tempo e di luogo (il pubblico è invitato a percorrere l’edificio e a stimolare così dei sensori che producono modificazioni -se non del- nell’edificio stesso); nella D-Tower azione e reazione sono dislocate in punti diversi sia spazialmente (l’una nella realtà virtuale, l’altra nella realtà tangibile) che temporalmente (l’una nella simultaneità della rete, l’altra nel tempo reale della città).

Ancora una volta, e come sempre nei casi di processi di tipo topologico, la debolezza risiede nella cristallizzazione della forma in oggetto costruito (un tema che già Kiesler, nella sua Endless House, tentò di risolvere senza arrivare mai a soluzione).
La torre combatte la dicotomia tra (parafrasando proprio Lars Spuybroek) architettura ed edificio; dove per edificio si intende una entità immobile e statica e per architettura una nuova realtà liquida ed attiva.
Il problema sembra risiedere proprio nel nuovo ambiente in cui questo tipo di ricerca si muove: come anche Massumi afferma: “Il virtuale dà la forma, ma esso non ne ha. Il virtuale è impercettibile. (…) Un edificio è più concreto.”.
Così l’architettura figlia del processo si affanna a dichiarare il suo (apparente) meta-morfismo, servendosi spesso di allegorie biomorfe; salvo poi riparare “il guasto” affidandosi ad equilibrismi illuminotecnici che ne mimino il proprio ciclo vitale, rincorrendo l’effetto-movimento. Ci basta? È Deluze ad affermare che “L’architettura è una distribuzione di luce prima che una concretizzazione di forma.”. Ma ci sembra che in questo senso la ricerca (Lynn, Nox, Novak, Oosterhuis…) debba ancora chiarire alcuni aspetti o acquisire strumenti nuovi per superare la dicotomia processo-edificio ovvero deformazione-forma. Infatti sia la luminescenza che l’esperienza (applicati all’architettura) appaiono ancora solo apparati a copertura di una forma tangibile fintamente metamorfica.

Al lungo e spesso laborioso processo di genesi della forma si deve però tributare il merito di sollecitare nuovi esperimenti nel campo della costruzione. Si accorciano le distanze tra oggetto di design e architettura, tra processo di produzione e fasi di costruzione, le tecniche di prototipizzazione vengono usate per realizzare un oggetto unico, ma infinitamente ripetibile.
La D-tower, in resina, è costituita da 19 parti prodotte in officina e successivamente assemblate. Per la sua realizzazione sono state impiegate macchine stereolitografiche di grandi dimensioni attraverso le quali si sono ottenute forme dalla geometria complessa in poliuretano espanso. Su di esse si è proceduto ad una laminatura di resina epossidica e fibra di vetro per uno spessore di 4mm. Le leggerissime calotte così ottenute sono state poi saldate lungo le costolature perimetrali (vera struttura della torre); dopo l’assemblaggio in situ, catene metalliche hanno contribuito all’irrigidimento dell’intero sistema.
Il risultato (Architettura? Oggetto? Scultura?) è una torre-cuore pulsante nella città che sembra avviarsi alla scompaginazioni dei punti cardine della tettonica. In realtà la sua matrice (non solo formale) sembra risiedere nelle passate sperimentazioni architettoniche. Lo stesso Lars Spuybroek, ritiene ispiratori della propria metodologia i complessi studi che Gaudì intraprese per la realizzazione della Sagrada Familia. La nuova Torre inoltre dimostra più di una similitudine con lo stile gotico: non solo per le ardite sperimentazioni strutturali, ma anche per una comune esperienza sul virtuale. La Cattedrale di Chartres è effettivamente un lavoro di virtualità (un fenomeno di effetti speciali e luce), ed il gotico si rivela come un problema di passaggio dal reale al virtuale per il mezzo della religione.
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source: d-torennl

D-tower is an art piece, commissioned by the city of Doetinchem in the Netherlands, that maps the emotions of the inhabitants of Doetinchem. D-tower measures HAPPINESS, LOVE, FEAR and HATE daily using different questions.
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source: d-torennl

D-toren is een kunstwerk in opdracht van de gemeente Doetinchem dat de emoties van de inwoners van Doetinchem peilt en in kaart brengt. D-toren meet dagelijks de mate van GELUK, LIEFDE, ANGST en HAAT aan de hand van verschillende onderwerpen.
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source: v2nl

Lars Spuybroek has been researching the relationship between art, architecture and computing since the early 1990s. He received international recognition after building the HtwoOexpo in 1997, the first building in the world that incorporates new media and consists of a continuous geometry. With his Rotterdam-based office NOX he built the D-Tower, an interactive structure changing color with the emotions of the inhabitants of a city (in collaboration with Q. S. Serafijn), and the Son-O-house, a public artwork that generates music by visitors exploring the space (in collaboration with Edwin van der Heide). In Lille, France, he built a cluster of cultural buildings (Maison Folies) in 2004. He published his 400-page monograph with Thames & Hudson, NOX: Machining Architecture, and the first fully theoretical account of his work titled The Architecture of Continuity with V2_NAI publishers.

Lars Spuybroek has won several prizes and has exhibited all over the world, among them presentations at the Venice Biennale, the Centre Pompidou in Paris, the Victoria & Albert in London and the Guggenheim Bilbao. He taught at many different universities such as Columbia University in New York, the Bartlett in London, ESARQ in Barcelona and from 2001 to 2006 he was Professor of Digital Design Techniques in Kassel, Germany.

Since 2006 he is Professor of Architecture and the Ventulett Distinguished Chair at Georgia Institute of Technology in Atlanta. As the Ventulett chair he started the Research & Design book series with The Architecture of Variation (Thames and Hudson, 2009) and Textile Tectonics (NAI Publishers, 2011), publications that combine theoretical with methodological research and design. His latest publication (The Sympathy of Things: Ruskin and the Ecology of Design) is a theoretical revisiting of the ideas of John Ruskin.
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source: nomadsuspbr

O D-TOWER é um objeto artístico, encomendado pela cidade de Doetinchem na Holanda, que mapeia as emoções dos habitantes da mesma. D-tower registra diariamente felicidade, amor, medo e ódio usando perguntas diferentes. A obra consiste de uma torre de 12 metros de altura posicionada no centro da cidade, um website e um questionário.
Coletando informações com bases estatísticas, D-tower faz uso de um questionário objetivo de 360 perguntas com cinco possíveis respostas que recebem uma determinada pontuação. Os questionários se tornam disponíveis aos habitantes da cidade parceladamente, num total de 4 perguntas por dia.
As respostas são coletadas pela D-tower, e os pontos são calculados e transcritos para um gráfico, que são apresentados no website. Devido aos CEPs dos participantes serem conhecidos pela D-tower, as emoções dos participantes podem ser colocadas no mapa de Doetinchem. Isto permite aos visitantes verem quais ruas abrigam as pessoas mais felizes da cidade, onde estão as pessoas amedrontadas, e onde o amor flui.
Um seleto grupo de habitantes, de diferentes partes da cidade, que se inscreveram voluntariamente, respondem às questões. Após se inscreverem, os participantes recebem uma senha para acesso pessoal ao questionário. Esse método assegura que a condição emocional da cidade não seja influenciada por pessoas que não moram ali.
Na d-tower, cada emoção tem sua cor simbólica: vermelho para amor, azul para felicidade, amarelo para medo e verde para ódio. Diariamente, D-tower calcula a emoção dominante, baseada nas respostas recebidas dos participantes e à noite, a torre acende em uma dessas cores.
Cada pesquisa dura seis meses, como a D-tower apresenta 4 perguntas por dia, um questionário se completa após seis meses. Após este período, a pesquisa recomeça com novos participantes. Os resultados são arquivados por dia e mês e podem ser acessados no website.
Além da pesquisa, d-tower oferece funcionalidade para comunicação e trocas, visitantes e participantes podem publicar uma carta no website, ou trocar pensamentos com outras pessoas em vários assuntos.