MARKUS RAETZ
Ceci-cela
source: letempsch
Markus Raetz ressemble à ces mobiles qui l’ont occupé ces dernières années, faits de petits riens, de fils de fer, de feuilles d’eucalyptus. Ces sculptures oscillantes évoquent un visage à la faveur d’un certain alignement des éléments qui le composent, chacun d’entre eux captant la lumière et la faisant tournoyer dans les airs. La fluidité des expressions de Markus Raetz, généreuses et insaisissables, invite dans 1000 directions simultanément, laissant entrapercevoir une pluralité de désirs, un esprit ludique tout comme une profonde intégrité: être fidèle à soi-même est un jeu. «Oui» et «Non», «Ceci» ou «Cela» semble dire le demi-sourire duquel Markus Raetz se départit rarement et qui indique sa place dans le monde. Markus Raetz se livre avec générosité mais parle peu, laissant à son interlocuteur la latitude de poser un regard libre et ouvert sur ses œuvres.
L’artiste suisse de 71 ans n’est pas une star, mais il est l’une des figures accomplies et respectées de la scène européenne. Il réside toujours à Berne, dont il est originaire et où il a passé une grande partie de sa carrière. Avant d’accepter de nous rencontrer, il nous avait expliqué qu’il ne donnait pas d’interview. Mettre lui-même des mots sur ses œuvres, trouvait-il, était forcément réducteur. En revanche, qu’une écriture singulière se pose sur son travail, il l’accepte avec bonheur. C’est une des élégances de Markus Raetz: s’effacer pour mieux laisser place à la pluralité des éclairages. Disparaître comme ses sculptures se dérobent à une lecture univoque, elles qui se transforment à mesure que le spectateur se déplace autour d’elles. Au Mamco, où une série de ses œuvres centrées sur les notions de mouvement étaient présentées cet automne, les gens tournaient autour des sculptures anamorphiques en essayant de saisir les couples de mots ou d’images que chacune d’entre elles représentait. Certaines étaient évidentes: d’un côté «oui», et de l’autre «non». Ici, un lapin et, dans le miroir la silhouette de Joseph Beuys. A force de se tourner autour, les spectateurs de l’exposition ont commencé à se parler: ici, une pipe et, là, de la fumée? Ici, un «o», et dans le miroir d’Alice, «Oh»? Les enfants présents goûtaient eux aussi à ce plaisir de lecture, fait de reconnaissance et d’étonnement, à ces sculptures tournant sur leur axe et esquissant, en négatif, les contours d’une femme ondoyante (Nach Man Ray, 1995-2005). Les œuvres de Markus Raetz rendent perceptible la multiplicité des points de vue possibles sur un objet et, partant, la diversité des interprétations. Deux personnes ne peuvent se trouver au même endroit, au même moment, et c’est le spectateur qui constitue, par la singularité de son regard, la singularité de l’œuvre.
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source: exibart
Markus Raetz (Berna, 1941) indaga da molto tempo i limiti della percezione visiva e l’ambivalenza di forme espressive. In questa sua ultima mostra presso la De Cardenas, si può percorrere un discreto itinerario segnato dai molti lavori recenti, diciannove in tutto: dieci sculture, due mobiles e sette incisioni.
Raetz, seguendo una traiettoria che passa dall’arte concettuale alla pop, risale ai surrealisti della “parola”, dai quali eredita il procedimento ironico e misterioso verso la realtà oltre ad una pacata ossessione per la forma femminile, sempre in filigrana, ma presente in molti suoi lavori.
Ed è proprio l’ironia intesa come “ricerca” a nascondersi dietro una delle opere più belle in mostra. Ad un primo sguardo Moulage appare come una scultura composta da due forme levigate, simili alle opere di Henry Moore. Poi, imprimendo un movimento alla base dei due elementi, questi ruotano sul proprio asse lasciando intravedere la silohuette di un corpo femminile danzante, nello spazio vuoto tra i due pezzi. Raetz con ironia dissacrante guarda alla tradizione scultorea modernista, si interroga sullo spazio dell’opera e su come elementi apparentemente esterni a questa, possono in realtà diventare un tutt’uno con il lavoro. La collocazione, l’illuminazione e l’occhio di chi la guarda non sono realtà altre rispetto l’opera, ma la colmano e la rendono sempre nuova, sempre portatrice di un piccolo mistero e di un’interpretazione cangiante data dalla moltiplicazione dei fenomeni che la circondano.
Anche nei due Mobiles presenti in mostra si può intuire l’attenzione di Raetz verso l’opera non finita, non calcolabile nel suo esito ultimo. Gli elementi leggeri e filiformi che compongono le due sculture mobili fanno pensare a lavori di Calder e di Melotti, condividendo la stessa leggerezza e la medesima grammatica formale. Sono come note, appoggiate e sospese qua e là nello spazio.
I segni ed i simboli impiegati da Raetz svelano la coscienza da parte dell’artista del linguaggio sintetico e sempre diretto impiegato a partire dagli anni 60’ dalla Pop Art che certamente ne ha lambito il percorso.
E oltre alla semplicità nel formalizzare le sue opere, l’artista conserva sempre la leggerezza e la precisione del disegno.
Dietro ogni suo lavoro c’è la costante ricerca di semplificare e portare se stessi alla comprensione dell’oggetto, come nel tentativo di fare stare su un unico foglio o in una stanza tutto il mondo. Senza però –e questo è un aspetto significativo- cedere alla tentazione di chiudere definitivamente una forma all’interno di un’unica linea. Ma come si può intendere nelle Anamorfosi, l’intenzione è piuttosto quella di imprimere nella materia la volontà di rappresentare una cosa che in sé comprenda il suo contrario.
Si assiste perciò ad una trasformazione concettuale della scultura: spostandosi da destra a sinistra o viceversa, le solide asserzioni: Yes, No sembrano come piegarsi, sublimare il proprio significato e diventare altro. Come se il solido metallo delle altrettanto solide affermazioni diventasse liquido per un istante prima di ricostituirsi in un rovescio: Oui-Non, Yes-No, Tout-Rien…
In un percorso così ben scandito, le sette incisioni rappresentano forse la parte più debole della mostra, eccettuando il bellissimo Dix, Muhammad Ali che descrive gli esiti progettuali del suo lavoro, le altre sei incisioni svelano i punti di partenza dei lavori di Raetz più legati alla fotografia (eseguiti in collaborazione con Balthasar Burkhard) dove l’elaborazione grafica è impiegata per approfondire le componenti cromatiche e visive delle immagini bidimensionali, a volte proposte come un dettaglio sfocato, o un gioco visivo.
Ma quelli che apparentemente sembrano giochi o divertisment, sono sempre momenti di grande concentrazione su frammenti forse piccolissimi e, come Raetz dimostra, insieme giganteschi.
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source: clynefr
Markus Raetz.
C’est un artiste contemporain (il est né en 1941) dont l’intérêt pour l’anamorphose lui a fait créer des dispositifs qui mettent le spectateur en mouvement. En effet, il faut se déplacer autour de ses œuvres pour les appréhender.
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source: acozzacokr
Markus Raetz
1941년 스위스태생의 마르쿠스 라에쯔는 컨셉츄얼 아티스트이다. 그의 작업은 주로 현실과 일루젼에 대한 것이다. 이번 전시에서 그의 작품들은 마지막전시실에 전시되어 이번 전시를 요약해서 보여주는 역할을 했다.
그의 작품들은 신기하다. 중절모를 쓴 남자의 뒷모습을 조각한 작품을 거울을 통해 다시보면 토끼가보이고, CECI라고 쓴 글자를 거울을 통해 다시보면 CELA라고 보여진다.
구부정한 S자 모양의 선이 거울에선 사람의 옆모습으로 보인다.
이미지, 단어들은 그의 작품속에서 마술을 하는듯 하다. 조각들은 볼륨있게 만들어지지만 우리가 그것들을 볼때는 회화같은 평편한 작품을 만나게된다. 시각적 유희랄까.
우리는 사진이나 그림 앞에서는 그대로 서서 작품감상을 하지만 조각작품을 볼때는 그것들을 둘러가며 감상을 한다. 이 두가지를 한 작품에 공존케한것이 마르쿠스의 작품이다. 그는 조각된 작품의 주위를 둘러볼것을 권하지만 그 마지막에 우리가 보게되는것은 일반적인 회화감상과 같은것이다.