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PUSSY RIOT

Punk Prayer

source: adorocinema
Este documentário acompanha o julgamento do grupo de punk rock Pussy Riot, conhecido pelas performances ousadas e militantes. Após um ato contra os governantes russos na catedral de Moscou, as integrantes do grupo foram condenadas e presas, e nem a forte pressão efetuada pela comunidade internacional conseguiu liberá-las. O filme acompanha o jogo de forças por trás do caso, analisando os pontos de vista de diversas pessoas envolvidas.
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source: factcouk

As members of the feminist collective Pussy Riot, five women performed a 40-second ‘punk prayer’ inside a Moscow cathedral entitled Mother of God, Drive Putin Away. They were arrested and charged with religious hatred, leading to a trial that has reverberated around the world. As three members of the group, Nadia, Masha and Katia, defend their beliefs from within a cage in the courtroom, we learn from their family and friends what drives these women’s political activism.
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source: theaquarian

In 40 seconds, the whole world can change. During the entirety of this film, I kept screaming in my head, “What the $@*& ?!” Both enraging and inspiring, Pussy Riot: A Punk Prayer is a documentary that follows Nadia, Masha and Katia up to the point of their arrest in 2012. Inducing such outrage, similar to the effect of Paradise Lost, Pussy Riot is a Russian feminist punk rock collective composed of girls who go around playing guitar and screaming their opinions about the wrongdoings of their government and Putin, especially the marriage of church and state. They describe what they do as performance art, and holy shit, do these girls have balls.

For 40 seconds they stormed into a Moscow cathedral and began to perform up on the altar. Was what they did outrageous? Yes. Does it deserve being sentenced to three years of jail time? No way. What’s ridiculous is the religious opposition the girls receive. Cut to a scene of the “religious patriarchs,” a handful of scruffy-looking 50-year-old biker dudes having a meeting in a Count of Monte Christo catacomb-esque basement. They’re wearing black t-shirts under leather vests with “Orthodoxy or Death” on them with skulls, which they not-so-cleverly rephrase as not being a threat, but rather they’d be dead if they didn’t have their religion when asked about it. As they discuss the girls, my favorite quote was, “Pussy is a devious word. It means kitten but also the uterus…but the best translation is ‘deranged vagina.’” Essentially they determine that the leader, Nadia, is a demonic vagina with a brain.

As they gather their crosses and load them into their car, they cite the Salem witch trials, saying that if this were happening back then they could burn them at the stakes, but right now they need to be forgiving. The one man keeps referring to the cross as his best weapon. Anytime you reference your religion as a weapon, I strongly think you need to reevaluate yourself. It’s another example of behaving badly and using religion as an excuse for it.

First of all, did you know that in Russia you’re put in a cage in the court room? Yeah, you heard me right. All bizarreness aside, each girl makes a speech. Nadia is the epitome of strength. Talk about strong-willed. Despite their intellectual pleas explaining that their intent was to express that women should be allowed to lead service on the altar not to intentionally offend religious believers, all three get sentenced to three years in a penal colony. Shortly after, Katia gets let off out of a loophole that she didn’t actually physically commit any act of hooliganism. They go back to the video footage of that infamous day, and Katia didn’t actually get the chance to pick up her guitar before police grabbed her. Now please tell me, if they all got arrested for hooliganism inspired by religious hatred, how does that make sense? She still had the same intent. Bottom line, these girls are highly intelligent, confident and knew the risk they were taking. They aren’t scared during the trial but rather smirk, laugh and question the very justice system as it’s physically standing right in front of them. Out of all the performances Pussy Riot have done, this is their biggest stage. There’s an ending line the filmmakers leave you with, as Nadia sits in a cell collecting her thoughts, then writing something on a piece of paper. Must have been jail security footage they got a hold of. She holds up the paper which says, “I didn’t want to be in jail for my beliefs. But I have to.” Wow.

If you take away anything from this film, it’d be easy to get caught up in solely feeling like, “Thank God I live in America where we have freedom of speech.” But take a moment to turn the lens on yourself. What would you be willing go to jail for, or even give up years of your life for? Someone? Something? If you are unsure, this film will definitely make you realize your own backbone, and Pussy Riot will (rightfully) live on in history. All because of 40 seconds. And you thought it took so much time to cause a change.
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source: ondacinemait

“Free Pussy Riot”! È davvero difficile, una volta visto questo documentario, non condividere le proteste che sono seguite all’arresto di Nadezhda Tolokonnikova, Maria Alyokhina e Yekaterina Samutsevich, meglio note come Nadia, Masha e Katia, membri dell’ormai noto gruppo punk rock femminista russo, fermate dalle forze dell’ordine nel febbraio 2012, subito dopo una performance di protesta nella cattedrale moscovita del Cristo Salvatore, condannate ad un periodo di reclusione, con tutto il rispetto per le leggi e le sensibilità religiose altrui, senza dubbio esagerato. I registi Mike Lerner e Maxim Pozdorovkin hanno realizzato a tempo di record un resoconto sulla vicenda che ci fa capire come le ragazze delle Pussy Riot magari non saranno le più grandi musiciste del mondo ma quanto a coraggio non temono rivali!

Prodotto dalla Roast Beef Productions e arrivato negli States grazie alla HBO, “Pussy Riot: A Punk Prayer” ha avuto una segnalazione all’ultimo Sundance, ha vinto il premio del cinema indipendente britannico come miglior documentario ed è tra i finalisti per la nomination all’Oscar. In attesa di sapere se l’Academy deciderà di solidarizzare col film e le sue eroine, “I Wonder Pictures” lo fanno uscire (anche se abbastanza timidamente) nelle nostre sale. Vederlo è sicuramente una buona occasione per riflettere sulla Russia dell’era Putin, stato che a livello internazionale mantiene un’importanza notevole (specie per questioni economiche) ma che in quanto a diritti civili e libertà d’espressione lascia molto a desiderare, come dimostrano anche i ripetuti atti di omofobia perpetrati con la tolleranza, quando non proprio l’incoraggiamento, del governo. È chiaro sin da subito che l’esibizione delle ragazze incriminata aveva come bersaglio l’arcivescovo Kirill I, patriarca di Mosca e capo della chiesa ortodossa, che con la sua influenza politica è considerato uno stretto collaboratore del presidente Putin e del suo regime repressivo e antidemocratico.

Anche se decenni di politica comunista tendono a farcelo dimenticare, il popolo russo per tradizione è sempre stato molto religioso e neanche il periodo sovietico, con le sue numerose azioni in tal senso (tra le quali la demolizione dei luoghi di culto, compresa la stessa chiesa del Cristo Salvatore, abbattuta per fare posto ad una piscina pubblica) ha potuto dissipare fino in fondo tale fede. Una volta caduto il Comunismo, la voglia di manifestare la propria spiritualità senza oppressioni ha portato ad un “rilancio” della chiesa ortodossa, ben simboleggiato dalla ricostruzione della cattedrale in tempi rapidi. Putin ha cavalcato astutamente il bisogno di fede della nazione, rendendolo parte strategica nella spinta nazionalista che caratterizza da sempre la sua carriera politica. Il presidente ha aiutato l’istituzione religiosa ed essa lo ha ricambiato dandogli la sua “benedizione”. Da qui la scelta della cattedrale come “bersaglio” da parte delle ragazze, al tempo stesso comprensibile e rischiosa.

Il documentario racconta il processo subito dalle tre componenti del gruppo arrestate, attraverso la ripresa delle sedute in aula, le testimonianze degli altri componenti del gruppo e dei parenti che, anche se in maniera diversa, sostengono la loro battaglia. I filmati delle diverse apparizioni delle Pussy Riot si accompagnano ai momenti delle giovani che si esibiscono in chiesa, coi fedeli sbigottiti ma tutt’altro che disposti a lasciare correre questa “violazione al diritto di professare la fede” (c’è anche il sospetto che se non fossero intervenuti i poliziotti alle contestatrici sarebbe potuta andare peggio). Vengono anche intervistate varie persone a favore dell’arresto che tentano persino di negarne le ragioni politiche (anche se in verità quest’ultima obbiezione è veramente poco credibile). Indubbiamente Nadia, Masha e Katia ne escono a testa alta, rivendicando instancabilmente le loro idee e dimostrando una forza d’animo davvero ammirevole. Viene fatto anche notare il coinvolgimento di personaggi del mondo dello spettacolo come Madonna, schierati con le Pussy Riot e, quindi per la prima (e non ultima) volta, contro la Russia di Putin, rendendo così il tutto un caso internazionale.

Lerner (che in zona Oscar ci è arrivato un paio di anni fa grazie a “Hell and Back Again” documentario che raccontava il ritorno a casa dei soldati impegnati sul fronte afghano) e Pozdorovkin assemblano il tutto con grande abilità, aiutati dal montaggio di Esteban Uyarra e dal commento musicale di Simon Russell. Probabilmente il 2013 ci ha regalato dei risultati migliori in campo documentario (tanto per restare in ambito musicale, potremmo citare ad esempio “Sugar Man” di Malik Bendjelloul, oscarizzato giusto qualche mese fa) ma “Pussy Riot” resta un film da vedere per riflettere su quanto sta capitando in un paese a noi più vicino di quanto non si pensi.
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source: mask9

2011年冬天,经过一次具有争议性的选举后,弗拉基米尔·普京再次当选为俄罗斯总统。成千上万的居民自发地聚集起来反对普京制定的法律条款。在这些人中间就有著名的激进女性朋克乐队-造反猫咪。她们头戴巴拉克拉瓦盔式帽、身穿紧身夏装,冲入莫斯科最有名的教堂内,大唱“圣母玛利亚,请赶走普京!”现在,她们已经成为一次作秀公审的牺牲品。
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source: vecherniykharkovua

Фильм о группе «Pussy Riot: панк-молебен» («Pussy Riot: A Punk Prayer») получил премию британского независимого кино British Independent Film Awards (BIFA).
Как сообщается на официальном сайте премии, лента была отмечена в категории «лучший документальный фильм».

Фильм «Pussy Riot: панк-молебен» был впервые представлен публике в январе 2013 года. Его создатели Максим Поздоровкин и Майк Лернер описывали его как «классическую судебную драму». В фильме использованы кадры из зала суда, сделанные в ходе процесса над участницами Pussy Riot, а также интервью и другие информационные материалы.

ФИЛЬМ О PUSSY RIOT НОМИНИРОВАН НА ПРЕМИЮ «ОСКАР»

На кинофестивале в Сандэнсе фильм получил специальную премию в категории «документальное мировое кино». В начале декабря «Pussy Riot: панк-молебен» стал одним из пятнадцати номинантов на премию «Оскар» за лучший документальный фильм.

Группа Pussy Riot исполнила «панк-молебен» в Храме Христа Спасителя в феврале 2012 года. Суд счел акцию хулиганством, и трое участниц группы — Надежда Толоконникова, Мария Алехина и Екатерина Самуцевич — были приговорены к двум годам лишения свободы каждая. Позднее Самуцевич срок был заменен на условный; Толоконникова и Алехина в настоящее время продолжают отбывать наказание.

Премия британского независимого кино вручается ежегодно с 1998 года. премия была учреждена продюсером Эллиотом Гроувом, основателем кинофестиваля «Raindance».
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source: laikaslt

Žiniasklaida, bažnyčia ir valstybė kai kur pasaulyje egzistuoja kaip nedalomas vienetas. Galime pasidžiaugti, kad mūsų šalis į tų vietų sąrašą nepatenka. Tiksliau nebepatenka, tad mums „Pussy Riot“ istorija neatrodo tokia svetima, kaip, pavyzdžiui, britams. Vienas „Guardians.co.uk“ žurnalistas pasvarstė, ką būtų darę Didžiosios Britanijos anglikonai, išvydę savo Dievo namuose štai tokį performansą: pakraipę tyliai galvas ir išsiskirstę namo?

Sunkiai pamenantiems 2012 m. vasarį įvykusį incidentą Kristaus Išganytojo katedroje, Maksvoje, trumpai: Rusijos feminisčių pankroko grupės „Pussy Riot“ (Vikipedijos apibrėžimas) merginoms pakilnojus kojas ir pašūkaliojus tai stebėjusieji tikintieji „vos vos išgyveno, griebėsi širdies vaistų“, svaidėsi prakeiksmais, tikėdamiesi, kad juos šį kartą, tokia svarbia proga, jų dievas tikrai išgirs. Ši meninė akcija ir jos metu atliekamas kūrinys „Pankų malda“ buvo skirti ne kam kitam, o šalies prezidentui Vladimirui Putinui. Dainos priedainyje Dievo Motina prašoma „išvaryti Putiną“. Šios performanso dalyvės buvo apkaltintos chuliganizmu ir religinės neapykantos kurstymu. Žinoma, galima tik spėlioti, bet jei V. Putinas tik būtų galėjęs, merginos pūtų kalėjime be vilties ištrūkti, tačiau didžio vadovo galia baigėsi dvejų metų nelaisvės nuosprendžiu dviem grupėms narėms. Jos bausmę atliks atokiose, griežta drausme garsėjančiose kolonijose Mordovijoje ir Permės krašte. Trečioji mergina po apeliacijos buvo paleista į laisvę.

Kuo tai susiję su kinu? Britų režisierius Mike’as Lerneris ir rusas Maximas Pozdorovkinas ėmė ir papaskojo šią istoriją ne iš davatkų ar supuvusios tarybinių atliekų sistemos pusės, o iš civilizuoto laisvo pasaulio piliečio perspektyvos. Šią vasarą pasirodė šviežius įvykius perteikiantis filmas „Pussy riot: pankiška malda“ („Pussy Riot: A Punk Prayer“, 2013).

Galima suprasti, ką jaučia į kairę, dešinę, viršų ir apačią savo kumštelius mėtančios bobulytės, kai jų dievo namuose, garbingiausiose vietoje – greta altoriaus – spardosi ir stūgauja kaukėtos mergščios. Taip, religinė diskriminacija taip pat baisu, kaip nepakantumas kitai rasei ar lytinei orientacijai. Taip, menas, netgi peformanso žanras, turi ribas. Tad kai tam ryžtasi visą tai puikiai suvokiantis jaunas žmogus, nebelieka nieko kito, kaip visa širdimi jam pritarti ir toliau baisėtis Rusijoje vyraujančia totalitarine atmosfera. O gal ir imti veikti. Spalvotomis „vagies“ kaukėmis pasipuošę žmonės ne tik Rusijoje, bet ir visame pasaulyje – nebe naujiena. Ir kai Madonna prieš milijoninę minią pasirodo su užrašais „Pussy Riot“ ant savo kūno ir ragina grupės nares išteisinti, aišku – merginos praleis kelius metus kalėjime, bet tokia kaina už skylę milžiniško laivo dugne, kuris labai labai labai lėtai ima skęsti, tikrai apsimokėjo. Taip, labai lėtai, tačiau pasaulis dabar turi įrodymą, kad ta skylė yra.

Sunku suvokti, kad filme rodomi kadrai daryti 2012–2013 metais. Iki šiol įgimtą baimę dėl… neaišku iš tikro dėl ko, tai tiesiog įgimta, jaučiantį lietuvį žiūrint „Pussy Riot: pankiška malda“ užplūsta prisiminimai apie pirmuosius nepriklausomybės metus, kai tu supranti, kad esi laisvas, bet tik teoriškai. Ir atmosfera tampa dar niūresnė nei tada, kai nepriklausomybė buvo skraidančių kiaulių simbolio lygmenyje. Pas mus tai buvo prieš gerą dvidešimtmetį, Rusijoje – tai vyksta dabar. Ką apie tai mano jaunas amerikietis? Jis turbūt šią dokumentiką žiūri, kaip vaidybinę dramą. Žinoma, yra daugybė pasaulio taškų, kuriuose problemos daug didesnės, tačiau šis filmas jums pateiks viską taip, kad neįmanomo nebebūna.

Išsamus trijų „Pussy Riot“ narių teismų procesas, pasiruošimas akcijai katedroje, pokalbiai su teisiamųjų tėvais, pasaulio reakcija į nuosprendį – filme pateikta aiškiai, išvengiant nereikalingų smulkmenų, vaizdingai, nestokojant ironijos… Pamažu atskleidžiama kiekvienos merginos asmenybė: gražuolė Nadia, jos nepasiduodantis sutuoktinis, sekso orgijos, akcijos bučiuojant gatvėje milicininkus; šmaikšti, niekad žodžio kišenėje neieškanti Maša, kurios laisvėje laukia jos mamos prižiūrimas vaikas; prieš visuomenės nustatytas moters funkcijas pasisakanti, šiek tiek vyriška Katia, kuria didžiuojasi ne tik jos tėvas, bet ir jo pažįstami. Merginos kiekvieną teismo procesą stengiasi išnaudoti išsakydamos savo poziciją, nekeisdamos savo įsitikinimų – laimėti jei ne laisvę, tai bent dar vieną ir dar vieną naują maištautoją prieš V. Putino politiką. „Noriu priminti, kad čia ne teatras“, – sėdintiesiems teismo salėje ir plojantiesiems po kiekvienos teisiamųjų kameroje rašytos kalbos sako teisėja. Filme atsiskleidžia nesibaigiantis „Pussy Riot“ performansas. Tikėkimės, bus antra dalis, kuomet merginos išeis į laisvę.

Beje, šiandien prasideda 7-asis žmogaus teisių festivalis „Nepatogus kinas“, kurio metu išgirsite dar daugiau panašių nepatogią tiesą atskleidžiančių istorijų. Kad gerai gyventum, neužtenka rūpintis tik savimi ar savo artimaisiais, viskas prasideda nuo daug tolimesnių kampų…
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source: revistaforum

Livres, elas não mudaram o tom do discurso contra o governo russo e disseram que tal medida não “passa da publicidade”

Por Redação

Das três integrantes da banda russa de punk rock Pussy Riot, duas ainda se encontravam encarceradas: Maria Alyokhina e Nadezhda Tolokonnikova. Ambas foram libertadas nesta segunda-feira (23) após uma anistia dada pelo Kremlin, que também libertou outros presos. Livres, as integrantes não mudaram o tom do discurso contra o governo russo e disseram que tal medida não “passa da publicidade”.

As integrantes do Pussy Riot foram presas em março de 2012, sob a acusação de vandalismo e incitação ao ódio religioso. Analistas internacionais interpretaram o gesto do governo russo como uma tentativa de melhorar a sua imagem frente à opinião pública internacional, visto que países como EUA e França têm ameaçado até mesmo com a possibilidade de boicote os Jogos Olímpicos de Inverno, em Sochi.

Posteriormente à libertação, as integrantes da banda foram à Comissão contra a Tortura da Cidade para falar sobre o destino de suas vidas e os momentos vividos na cadeia. Alyokhina declarou que o mais difícil na prisão é como esta as destrói moralmente. Sobre a lei de anistia, a cantora teceu duras críticas. “Não creio que esta anistia seja um gesto de humanismo, mas uma operação de relações públicas”, criticou a artista.

Nadezhda Tolokonnikova também fez duras críticas à anistia e ao sistema carcerário russo, que, na opinião de Tolokonnikova, funciona em um “modelo de colônia”. Para ela, é preciso realizar uma profunda reforma no sistema carcerário da Rússia. A musicista também disse que vai trabalhar para defender os direitos dos presos russos.

Oração Punk contra Putin

As integrantes da banda Pussy Riot foram presas em março de 2012. Em fevereiro daquele ano, elas ocuparam a Catedral Cristo Salvador, em Moscou, e entoaram a “Oração contra Putin”. Acusadas de vandalismo e incitação ao ódio religioso, foram condenadas há dois anos de prisão, pena que cumpririam até março de 2014.

À época, a prisão das três garotas causou grande revolta. Artistas do mundo inteiro apelaram pela libertação, como Paul McCartney e Peaches realizaram shows e vídeos-protestos a favor do Pussy Riot. Recentemente, foram divulgadas as cartas do cárcere trocadas entre Tolokonnikova e Slavoy Zizek, que você pode conferir aqui.