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MAÏMOUNA GUERRESI

MILKY HANDS 2

MAÏMOUNA GUERRESI

source: highlike

Work: The milk is not only material or food but is color and a symbol of purification. In many Asian and African religious traditions is offered as a sign of blessing. Milky Hands is a picture I took during the filming for my video installation titled Milk-Light. It is composed of three tanks filled with milk which acts as a surface on which are projected hands of different colors. The races all over the world immerse themselves metaphorically in this inexhaustible source of spiritual light and nourishment.
Image: MILKY HANDS 2, 2013, stampa Lambda / Lambda print, 50 x 75 cm.
Photographer: MAÏMOUNA GUERRESI
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source: chobimelaorg

As a photographer, sculptor, and installation artist, ‘Maïmouna’ Patrizia Guerresi reveals unique and authentic sensibilities in her narration of the beauty and subtleties of racial diversity and multiculturalism. Over an established career, she has developed her own symbolism, which combines cosmological and ancestral traditions belonging to various European, African, and Asian cultures. Her personal commitment to Baifall Sufism has led her to produce an aesthetic that is able to bridge time, space and civilisations, as well as figuration and abstraction.

The human body is seen as the nucleus and temple of the soul, a place that houses a delicate, higher awareness; the very conduit for encompassing natural and cosmic forces. More about mysticism than any singular religion, her work is visionary in that it restores those elusive qualities of sacredness and unity in our frequently dehumanising and fragmented contemporary visual world. Her classic iconographic style explores the universality of human experience and reclaims the often hidden nurturing powers of feminine energy. Presented as a kind of free flowing epic, the viewer is left to read the significance of her imagery and quietly meditate on its potential to personally engage with its audience. As if her figures were speaking directly to each one of us.

From her earliest experiments with the physicality and archetypal imprinting of the psyche, through to her latest, evermore metaphoric ‘inner constellations’, Maïmouna insists on a cross-cultural discourse and an expansion of the boundaries that normally dictate our individual attitudes. She invites us to see further and to look deeper – past skin colour, preconceptions, and ethnic landscapes – into the wider paradigm of inclusion. She leads us through apparently simple notions of dimensionality into the exquisite, mystical and fragile complexities of life from within.
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source: maimounaguerresi.

Perspective on the relationship between women and society, with particular reference to those countries in which the role of women is most marginalized. For over twenty years Guerresi’s work has been about empower- ing women and bringing together individuals and cultures in an appreciation for a context of shared humanity, beyond borders – psychological, cultural, and political. She uses recurrent metaphors such as milk, light, the hijab, trees, and contrasting white on black to create awareness of the vital unifying qualities of the feminine archetype and its special healing potential. Guerresi’s art is uniquely authentic. Her work is inspired by personal experience and cultural contexts that reference universal myths, the sacred realm, and the female condition, all of which are seen as vital expressions of the human form: an essentially spiritual and mystic body. Through photographs and videos of silent, austere, veiled women in domestic scenes and individual poses, her work functions as both metaphor and provocation. Guerresi’s images are delicate narratives with fluid sequencing, as well as rational analyses: women dressed in white, enveloped in chadors, fixed within their own tradition and isolated from and by it in the contemporary world. Her Fatimah image suggests the woman as Mother- Earth supporting us in the original energy cycle of Space-Universe-Infinity.
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source: photoandcontemporary

Artista di origine veronese, scultrice, autrice di video ed installazioni “agisce attraverso il mito, il sacro e la dimensione del femminile che appare da frammenti e da parti significative di un corpo umano che diviene anche corpo religioso e mistico”; così scrive Francesca Alfano Miglietti nel recente catalogo generale “The Mystic Body”. Patrizia Guerresi Maïmouna è un’artista che induce alla meditazione e che porta il visitatore ad entrare in una spirale energetica estatica, mai dottrinale: mette a confronto linguaggi mistici differenti, li miscela, per poi farli riapparire come per incanto in un mondo nuovo, dove la simbologia dell’etica è il valore universale. Dal 1994 i temi dei suoi lavori sono la spiritualità femminile, le simbologie religiose e il velo . Le mostre più importanti oltre agli inviti giovanili nel 82’ e nel 86’ alle due Biennali di Venezia e nel 1987 alla Dokumenta di Kassel, sono: nel 1995 alla Galleria La Giarina di Verona dove presenta una serie di sculture , gli “Eggmen” figure concluse in se stesse installate in posizione china di preghiera. La Galleria Bianca Pilat di Milano dove realizza l’installazione”le lacrime di Allah”, gocce in resina bianca che pendono dal soffitto installazione realizzata nel 1996. Espone nel 1999 in una mostra personale alla Rocca di Umbertide e alla Fondazione Mudima di Milano le prime “Velate” in cerchio, realizzate in resina bianca accompagnate da un suggestivo video ”La Vergine delle rocce” ancora di estrema attualità, (una donna che si toglie continuamente il velo senza mai svelarsi), seguono numerose mostre su questo tema come quella nel 2001 alla Galleria Valmore di Vicenza e alla Galleria Levy di Madrid, e nel 2002 alla Galleria Varart di Firenze presenta “Fathimas” una mostra composta da sculture e altorilievi e progetti fotografici .Nel 2004 presenta l’installazione ”The Carpets” tappeti in terra cotta, al Museo Contemporary III di Atlanta USA; nel 2005 espone alla Bel Art Gallery di Milano una serie di lavori sul tema della Donna Mistica Africana. Partecipa con una grande scultura dal titolo Light Signs ,in occasione delle Olimpiadi 2006 a Torino, organizzata dallo Studio Copernico con testo in catalogo di Maurizio Calvesi .Nel medesimo anno ,il Museo d’arte Contemporanea Palazzo Forti di Verona le acquisisce la scultura “Kunta”. Realizza una personale presso la Klaus Gramse Gallery e la presentazione di due video all’Istituto Italiano di Cultura a Colonia. Partecipa con 6 grandi fotografie alla Biennale di fotografia, organizzata dal Museo Ken Damy di Brescia. E’ presente con opere fotografiche e video alla Biennale di Malindi. Presenta alla Galleria di Paola Colombari di Milano una installazione fotografica e scultorea molto singolare “Marlene e Adji- the Sisters”che come soggetto ha le proprie figlie. Partecipa nel Febbraio 2007 alla Biennale di Teheran., ed espone nel marzo 2007 le sculture “Gli Stiliti” al Palazzo della Ragione a Verona, nella mostra” Il Settimo Splendore” curata da Giorgio Cortenova. A fine marzo presenta nella sua prima personale a Torino nella Galleria Photo & Contemporary “un percorso mistico” composto da opere di scultura, fotografia e video istallazioni , dal titolo “The Mistyc Body” .
Partecipa con l’installazione “Abluzioni” alla mostra “Acqua” a cura di Paola Forni e Daniela del Moro, alla Galleria Forni, Bologna, e al Palazzo Ducale di Modena. E’ stata presente con opere fotografiche, video ed installazioni, nell’esposizione collettiva “Il Velo”, presso il CESAC- Filatoio di Caraglio (Cn), dove nel Settembre 2008 ha inaugurato la personale “Le Stanze dei Giganti” a cura di Andrea Busto. Da Aprile a Luglio 2009 ha esposto il video “Oracles” nella collettiva “Teatri Possibili” presso Palazzo Ferrero a Biella. Nel 2009 ha presentato la personale “Ahwal – Stati dell’anima” negli spazi della galleria Photo&Contemporary di Torino e nel 2010 ha esposto nella mostra “Rencontres” presso La Centrale Electrique di Bruxelles. Da marzo a settembre 2011 partecipa con un’ampia selezione di lavori all’esposizione “Pudeurs et colères de femmes” presso la Fondation Boghossian / Villa Empain di Bruxelles e ad aprile 2011 espone presso il Kiasma di Helsinki.
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source: blckdmnds

Como fotógrafa, escultora e artista de instalações, ‘Maïmouna’ Patrizia Guerresi revela uma sensibilidade única e autêntica em sua narração da beleza e sutilezas da diversidade racial e do multiculturalismo. Ao longo de uma carreira estabelecida, ela desenvolveu seu próprio simbolismo, que reúne tradições cosmológicas e ancestrais pertencentes a várias culturas como europeias, Africanas e Asiáticas. Seu compromisso pessoal a levou a produzir uma estética que é capaz de preencher o tempo, espaço e civilizações, bem como a figuração e a abstração.

O corpo humano é visto como o núcleo e o templo da alma, o próprio canal que engloba as forças naturais e cósmicas. Mais informações sobre o misticismo do que qualquer religião singular, seu trabalho é visionário na medida em que restaura as qualidades indescritíveis de santidade e unidade em nossa sociedade freqüentemente desumanas e fragmentado mundo visual contemporâneo. Seu estilo iconográfico clássico explora a universalidade da experiência humana e recupera as muitas vezes ocultos poderes alimentando da energia feminina.
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source: ilreferendumit

Impossibile disunire il pensiero più intimo e la conoscenza soggettiva di una vita “in continuo cammino” con la propria volontà di esprimersi attraverso un arte che scava alla ricerca del misticismo; Maimouna Patrizia Guerresi regala alla storia dell’arte contemporanea internazionale i suoi stati di percezione, li rielabora in progetti unici che diventano opere grandiose perché fuoriescono dallo spazio temporale.

Fotografie, sculture, video e installazioni interpretate e reinterpretate; simbologie religiose, la spiritualità femminile e il velo sono temi ricorrenti, come ricorrente l’analogia con terre d’Africa e la contrapposizione bianco-nero che vuole avvicinare e creare condivisione ed empatia, unire nella ricerca di un’elevazione dell’anima più nobile, quella che si schiaccia per poi trascendere verso gli scalini infiniti della conoscenza metafisica.

Il corpo è vuoto nel percorso con “i Giants”perché esso diventa mistero in quanto perde importanza laddove è l’anima aiutata dalla ragione a salire verso la spiritualità; ecco che è indiscutibilmente la testa la protagonista e sotto di essa vi appare un gigantesco nulla.

Invece“le sisters” sono rappresentate sempre in contrapposizione come simbolo di universalità e vicinanza, di un’interiorità che non ha colore, né razza nemmeno nazionalità.

I suoi attimi di illuminazione sono puri stati d’animo, sono colori, sono volti o emozioni che rielaborano percezioni sempre più accurate e consapevoli e si esplicano nelle installazioni dal sapore esoterico dove il corpo non è più prigione dell’anima, bensì sobria celebrazione dell’annullamento di sé per esaltare il Divino.

Il costante riproporre sequenziale nel tema scelto rievoca la ripetizione di parole e formule come nel culto religioso, perciò richiama lo spettatore all’invocazione; l’ amore per la cultura africana è un sottotema che rende specifica la sua arte e sapientemente elabora un messaggio di fede e pace universale perché il soggetto è solo un simbolo.

La troveremo alla fiera internazionale d’arte contemporanea a Bologna dal 27 al 30 gennaio con la Galleria Paola Colombari di Milano e con la galleria Photo & Contemporary di Torino.
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source: stilearteit

La mostra intitolata m-eating (16 settembre – 15 novembre 2013, Camhane Art Center) di Maïmouna Patrizia Guerresi, curata da Yasemin Aslan Bakiri e Giorgia Simoncelli, illustra attraverso alcuni lavori la profonda analisi dellʼartista fatta sullo “stare a tavola” dellʼuomo contemporaneo, e il suo rapporto con la società, con uno sguardo particolare ai Paesi in Via di Sviluppo. Lo stesso tema è stato ispirazione per una serie di scatti e di una videoinstallazione esposta per la prima volta nella nuova versione, Milk-Light (2000): tre vasche ricolme di latte sono la superficie su cui vengono proiettate delle mani di colore diverso. Le razze di tutto il mondo si immergono metaforicamente in questa fonte inesauribile di luce e nutrimento spirituale.
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source: liberartonline

Come scrisse una volta Virginia Woolf, “non si può pensare bene, né amare bene, né dormire bene se non si è mangiato bene”. Il cibo può infatti influenzare il nostro pensiero, i nostri sogni e addirittura i nostri sentimenti e sempre più frequentemente si trasforma in base a un’esigenza della mente e dell’anima di un individuo. Il progetto fa riflettere sui caratteri della cultura italiana con un’apertura verso le tradizioni della Turchia, come si può notare nella video-installazione di Maimouna Patrizia Guerresi intitolata “La via del latte”. Una musica orientale, mistica, sembra allietare le nostre orecchie e rasserenare le nostre menti, quasi trasportandoci in un’altra dimensione, al di fuori del tempo e dello spazio: è la musica “Sufi”, che – come avviene negli ospedali turchi – ci dona una sensazione di benessere interiore.
Mentre all’interno di una vasca in resina bianca, riempita di latte, vediamo proiettarsi delle mani che sembrano prendere il liquido senza mai esaurirlo, quasi a voler affermare l’eternità di quella nostra prima fonte di nutrimento. Un cibo che non mancherà mai, che ci sazierà all’infinito, materialmente e spiritualmente. Richiama alla mente un’altra opera dell’artista, uno scatto fotografico, o meglio, una stampa a formato gigante dal titolo “White oracle”: una ragazza africana ha del liquido bianco versato sulla faccia, sgocciolante sulla pelle scura e sul vestito candido come il velo da sposa, come il latte materno. Sarà per questo che è così essenziale sposarsi in bianco per la donna italiana?

Forse per ricordare l’importanza del cibo più puro che esista al mondo? Un cibo che lei vedrà prima o poi sgorgare dal suo corpo, che sporcherà inevitabilmente la sua pelle e i suoi vestiti, per poter nutrire il suo bambino. Quest’ultimo dovrà presto relazionarsi con la società e lo farà sempre più spesso tramite il cibo.
Ed è proprio questo curioso rapporto che la nostra fotografa e scultrice sembra voler analizzare nella serie che rappresenta lo “Stare a tavola”, con una particolare attenzione ai paesi in via di sviluppo: uomini, donne e bambini africani seduti a tavola, per lo più rivolti verso il muro, danno le spalle al pubblico. Anche quando gli sono di fronte, sono comunque concentrati in quell’antico rituale così fondamentale per l’uomo da giustificare l’esigenza di tante piccole accortezze senza le quali ci si potrebbe nutrire lo stesso e che variano da popolo a popolo, da cultura a cultura. Il cibo è quindi qualcosa di più che un semplice nutrimento. E’ qualcosa che cambia di continuo e che si trasforma a seconda del nostro modo di essere e di pensare; sempre di più entra a far parte della nostra tradizione, tanto da divenire addirittura il distintivo di un paese, di una città, o di una nazione.